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5 modi per vincere Il Lombardia: volata ristretta

30/09/2022

Se l’attacco da lontano o negli ultimi chilometri non è andato a buon fine, allora non rimane che un’opzione: giocarsi la vittoria della Classica delle Foglie Morte in volata, con i pochi che sono rimasti in testa.

È un’opzione, questa, tra le più affascinanti, se non la più affascinante, perché tiene tutti, spettatori e corridori col fiato (anzi, fiatone) sospeso fino alla linea d’arrivo.

Le cavalcate solitarie accendono l’entusiasmo degli appassionati; si resta lì per lunghissimi minuti a tifare per il proprio beniamino, a spingerlo con gli occhi, a incitarlo con la voce, oppure viceversa, se il prediletto è rimasto indietro si spera che riesca a raggiungere il fuggitivo.

Ma vedere un gruppetto di campioni che dopo 230-240 chilometri durissimi si studia, si controlla, ognuno con la propria preziosissima carta da giocare nel modo giusto, senza sciuparla prima del tempo ma nemmeno sprecarla usandola in ritardo, è uno spettacolo raffinatissimo, in cui l’esaltante intreccio della narrazione del ciclismo dà il meglio di sé.

Come, per esempio, è successo a Il Lombardia del 2016.

A 35 chilometri dalla fine, all’inizio della salita del Selvino, Esteban Chaves è scattato portando con sé Romain Bardet e Rigoberto Urán.

Poco sono stati raggiunti da Diego Rosa, e si è così formato un quartetto che in poco tempo ha guadagnato abbastanza da sapere che i più forti quel giorno erano loro, che la vittoria si sarebbe giocata solo e soltanto lì davanti, tra quei quattro atleti.

Prima dell’eventuale volata c’era però da affrontare ancora lo strappo verso Bergamo alta, l’ultima possibilità per fare la differenza, e lì Chaves ha attaccato di nuovo.

Urán e Rosa hanno risposto, mentre Bardet ha dovuto alzare bandiera bianca.

Si è andati quindi a giocarsi tutto in una volata a tre, e lì è iniziata quell’entusiasmante partita a poker di cui si diceva prima.

Ognuno con la sua carta in mano, ognuno studiando le mosse degli avversari per capire quando e come usarla, cercando allo stesso tempo di non far rientrare al tavolo da gioco Bardet, che seguiva da non troppo lontano.

Il primo a provare l’all-in è stato Rosa, che ha deciso di sorprendere i compagni di fuga lanciando una volata lunghissima, oltre i 300 metri.

Ha guadagnato 3, 4, 5 metri, ma mai abbastanza per creare quel margine sufficiente, mentre dietro Chaves – da giocatore consumato, nonostante la giovane età – lasciava al connazionale il compito di ricucire su Rosa.

In quel preciso momento se Urán avesse bluffato a sua volta, lasciando all’altro il lavoro, con ogni probabilità la vittoria sarebbe andata al corridore dell’Astana.

Ma a volte per vincere le corse occorre rischiare di perderle, e come vedremo l’all-in di Chaves si è dimostrato un rischio calcolato bene, anzi benissimo.

Non appena Urán l’ha riportato in scia di Rosa, Jhoan Esteban Chaves Rubio da Bogotà è partito, e grazie a quel briciolo di forze risparmiate rispetto ai due compagni d’avventura ha infilato l’ormai stramato Rosa negli ultimissimi metri, praticamente al fotofinish.

Dopo il traguardo, allora sì, ha potuto gettare la faccia da poker, e il suo viso si è sciolto in quel solito ed inconfondibile sorriso.

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